Dopo chat GPT, il legislatore mette in atto un’altra svolta conservatrice, il divieto alla carne sintetica. Un business che nel mondo ha già raccolto oltre 1 miliardo in investimenti e che, secondo le previsioni, nel 2030 avrà un mercato di circa 25 miliardi di dollari.
È evidente che questa battaglia sia più ideologica che basata su dati concreti: l’italia è tra i maggiori produttori di carne bovina in Europa dopo Francia e Germania, ma in un mondo globalizzato e con un cambiamento climatico ormai irreversibile, è così giusto pensare ancora al proprio orticello e tutelare a tutti i costi lo status quo, o sarebbe più opportuno aprire la mente e offrire la possibilità a nuove realtà del settore di prosperare nel nostro Paese?
Ottimi risultati sono già stati ottenuti dalle fattorie verticali, delle quali Planet Farm, che ha innovato il settore agricolo riducendo il consumo di suolo e di acqua, può essere presa come esempio. Perché non permettere al settore dell’allevamento di fare lo stesso?
Oggi, produrre carne sintetica ha un impatto ambientale bassissimo ed un costo accessibile per i consumatori, basti pensare che un hamburger di carne sintetica non costa più di 10 dollari e col tempo sarà ancora più economico. Per non parlare di quanto inquinano oggi gli allevamenti bovini, sia in termini di consumo di risorse, come cibo e acqua, sia in termini di emissioni di gas inquinanti. Oggi, infatti, le mucche inquinano più delle auto di tutto il mondo: una mucca produce da 300 a 500 litri di metano al giorno, e il metano è 30 volte più inquinante della CO2.
Se vogliamo veramente lasciare un mondo migliore alle generazioni future dovremmo cominciare ad abbandonare un po dei nostri stereotipi, lasciare spazio all’innovazione ed avere il coraggio di investire nel futuro del nostro Paese, supportando il tessuto economico delle start up e delle PMI che con coraggio e passione generano crescita e sviluppo in Italia.
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