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Parità EURO/DOLLARO: cosa cambia per l'Italia?

Per la prima volta dal 2003, il dollaro ha raggiunto la parità con l’euro.

La moneta del vecchio continente infatti, dopo essere stata per più di 20 anni una moneta più forte del dollaro americano, oggi si ritrova a essere scambiata alla pari. La motivazione principale del rafforzamento del dollaro rispetto all’euro degli ultimi mesi è data dal fatto che la FED, la banca centrale responsabile della stabilità monetaria e finanziaria negli Stati Uniti, ha imposto politiche monetarie più restrittive rispetto alla BCE (Banca Centrale Europea) aumentando maggiormente i tassi d’interesse per combattere l’inflazione che nel 2022 ha raggiunto l’8% su base annua.

La guerra in Ucraina e la crisi energetica hanno portato un clima di enorme sfiducia sull’economia europea, in special modo su quella tedesca dipendente in larga parte dal gas russo, per cui gli investitori hanno deciso di virare sul dollaro anziché sull’euro.



Le conseguenze di un rafforzamento del dollaro sull’euro sono devastanti per tutti i paesi importatori di materie prime, in quanto esse sono scambiate in dollari. Ma facciamo un esempio, il petrolio oggi viene scambiato sul brent, il riferimento europeo, a 100 dollari al barile, a noi europei oggi, con la parità nel cambio, costerà 100 euro. Con un cambio euro/dollaro a 1,10 ci sarebbe costato 90,9 euro. Capite bene che su larga scala una debolezza della nostra moneta porterà a bollette più alte di luce e gas. Inoltre ci costeranno di più tutti i prodotti importati dagli Stati Uniti, dagli smartphone alle scarpe alle bibite gassate. Viaggiare in USA ci costerà di più sia in termini di biglietti aerei sia in termini di soggiorno.

Gli unici che possono sorridere in un contesto di questo tipo sono le aziende esportatrici del made in Italy, che a fronte di un euro più debole riescono ad applicare prezzi più concorrenziali sul mercato americano.

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