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L'ALTRA GUERRA

Mentre in Ucraina si combatte secondo le regole del ‘900, con carri armati, fucili e bombe; l’occidente ha deciso di combattere un’altra guerra, che fa meno morti ma molti più feriti, stiamo parlando della guerra economica alla Russia.



Oggi la finanza rappresenta una delle armi più potenti per colpire un paese.

Lo abbiamo visto con la crisi dei debiti sudamericani e il default dell’argentina, o la crisi dei debiti sovrani europei dove per la prima volta gli stati hanno garantito l'emissione di nuovo debito per non cadere in default. Inoltre, come abbiamo visto in queste settimane, la finanza è in grado di isolare l’economia di un paese e riportarlo indietro di 30 anni o più. L’esclusione da SWIFT per molte banche russe ha, di fatto, isolato il paese dai pagamenti internazionali, il blocco dei conti e dei beni all’estero degli oligarchi russi ha inflitto senz’altro un brutto colpo ai loro patrimoni e tutte le multinazionali che hanno lasciato Mosca hanno sicuramente causato uno shock negativo per l’economia interna russa. Mosca dall’inizio dei bombardamenti del 24/02/2022 si ritrova con un rublo deprezzato di oltre il 53,3% e i tassi d’interesse della banca centrale aumentati dal 9,5% al 20%, nel tentativo di ridurre la galoppante inflazione. La sempre più autarchica Russia con le sue riserve da 600 miliardi di dollari americani, ben più che dimezzati dalle sanzioni, quanto realmente potrà resistere senza poter emettere più debito ed esportando solo gas in uno scenario bellico e postbellico una volta che la guerra sarà finita?




In un’economia di guerra assistiamo sempre a un rincaro di tutte le materie prime, in questo caso tale rincaro è ancor più accentuato dal fatto che l’Europa è dipendente energeticamente dalla Russia, principalmente dalle importazioni di gas e petrolio. Un aumento del costo dell’energia così repentino e inaspettato sta mettendo in ginocchio le nostre filiere produttive che non riescono a ricaricare tali costi sui loro prodotti e quindi sul consumatore finale. Tali aumenti, di cui il più evidente è quello dei carburanti, stanno generando una spinta inflattiva anche nel nostro paese che si stima essere poco sopra il 5%. Ciò significa che se non aumenteranno le buste paga dei lavoratori, i costi di questa guerra saranno ripartiti anche sui cittadini di quei paesi che questa guerra la stanno combattendo col portafoglio e non con il fucile.

Un’altra peculiarità che si vive sui mercati durante scenari bellici è la scarsa attenzione ai fondamentali economici e una maggior focalizzazione sull’esito dello scenario di guerra in questione. Questo tipo di atteggiamento degli agenti economici porta un altissimo grado di volatilità sui mercati; infatti, in diverse sedute di mercato si sta assistendo a dei forti crolli ingiustificati seguiti da rimbalzi nelle sedute successive, a seconda se quel giorno si è avuto o meno un avvicinamento o un allontanamento al dialogo tra le parti in causa.


Per questi ed altri motivi il mio consiglio, in questo periodo, è tenere la barra dritta, non avere fretta di disinvestire, mantieni un portafoglio altamente diversificato e rivolgiti al tuo consulente finanziario di fiducia per ogni dubbio o chiarimento in merito ai tuoi investimenti. Se invece non hai ancora deciso di investire il tuo denaro perché scoraggiato dallo scenario bellico, scrivimi e troveremo insieme la soluzione migliore per te e per i tuoi risparmi.



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