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Il mattone è ancora così affidabile?

Aggiornamento: 26 gen 2022

Le generazioni dei nostri nonni e quella dei nostri padri hanno sempre valutato come investimento sicuro l’acquisto di una casa. Nel secondo dopo guerra molto spesso le alternative di investimento si contavano sulle dita di una mano per un investitore medio italiano e la rosa di scelta spesso era ristretta all’acquisto di: Case, titoli di stato, buoni fruttiferi postali, libretti di risparmio e metalli e preziosi. Nel diversificare il proprio patrimonio l’acquisto di una casa era pressoché immancabile.

Il boom dell’edilizia degli anni '70 e '80 e un facile accesso al credito bancario da parte delle famiglie, permisero un massiccio acquisto di case da parte degli italiani, che vedevano nel mattone un ancora sicura per il proprio risparmio al fronte di un’inflazione galoppante che ovviamente faceva lievitare di anno in anno i prezzi delle case.



Ma oggi è ancora così? Il 79% degli italiani ha una casa di proprietà, e il 18% ne possiede almeno 2, questa tendenza culturale nel possedere immobili ha portato il legislatore a tassare questa tipologia di patrimonio, rendendo meno appetibile per i nuovi investitori l’acquisto di nuovi immobili. Il mercato immobiliare però non presenta una struttura omogenea lungo tutto il territorio nazionale, infatti le grandi città come Roma, Milano, Torino, Bologna; hanno mantenuto un’alta domanda di case, essendo centri di aggregazione di attività economiche e importanti poli universitari. Lo stesso non si può dire per la maggior parte dei piccoli comuni specie nel sud Italia, soggetti a spopolamento, dove la domanda di case è di molto inferiore all’offerta, ove spesso le case esistenti necessitano di forti lavori di manutenzione e ristrutturazione e allo stesso tempo non soddisfano più le esigenze dei giovani, i quali cercano delle case di ben più modeste dimensioni perché spesso vivono da soli o al massimo con altre due persone.

Un altro stereotipo culturale che man mano si sta cercando di superare al seguito della globalizzazione, è la concezione di mantenere lo stesso posto di lavoro per tutta la vita nello stesso luogo. Per tale ragione, i giovani di oggi preferiscono la flessibilità del “pay to use” (pago ciò che uso), tipico della sharing economy, piuttosto che mettere radici in un posto che possibilmente non sarà la loro casa per sempre.

Oltre al rischio demografico, l’acquisto di una casa pone l’investitore a sopportare il rischio di illiquidità dell’investimento. Infatti, non è detto che nel momento in cui vorremo vendere la nostra casa troveremo qualcuno disposto a riconoscerci la cifra che chiediamo e in breve tempo. Soprattutto se abitiamo in un comune del sud Italia con meno di 30000 abitanti.

Per non parlare dei costi nascosti di una casa, ogni tot anni gli immobili necessitano di opere di manutenzione molto costose, che nonostante gli sgravi fiscali offerti dal governo comportano una grossa spesa in capo al proprietario, periodicamente si deve ristrutturare il prospetto, il tetto, rimbiancare le pareti, mettere apposto gli impianti idrici ed elettrici, per non parlare del rischio di subire danni dal maltempo, che negli ultimi anni sta causando sempre più danni alle nostre unità immobiliari.

Quindi se mi chiedi, conviene ancora investire in una casa?

La mia risposta tendenzialmente sarà NO, ma dipende tutto da dove la compri e quanto la paghi. Solo in mercati molto liquidi come quelli delle grandi città, e a prezzi vantaggiosi, considererei valido un investimento immobiliare.

Per prezzo vantaggioso, si intende che il costo dell’investimento si riesca a coprire percependo affitti al netto delle tasse in 18-20 anni.


E tu possiedi degli immobili? Ne vorresti acquistare qualcuno?

Contattami per una consulenza patrimoniale.



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